Quando guardiamo al modo con cui Francesco ha vissuto la propria umanità – come e perché ha gioito, ha attraversato le sofferenze, si è rapportato, ha sperato, amato, immaginato e creduto – non possiamo non cogliere la verità e la portata dell’intuizione di s. Bonaventura che lo descriveva come trasformato «nell’immagine stessa dell’amato» (FF 1228). Il suo modo di “condurre” ed esprimere la propria umanità, infatti, non solo s’ispirava a quella del Signore e la imitava, ma la richiamava alla mente e agli occhi di chi lo incontrava, tanto da “avvicinare” Gesù agli uomini, renderlo presente, ripresentarlo. Così Bonaventura all’inizio della sua biografia: «Ci conferma, poi, in essa, con la sua verità incontestabile, la testimonianza di quel sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo crocifisso, sigillo che fu impresso nel suo corpo non dall’opera della natura o dall’abilità dell’arte, ma piuttosto dalla potenza meravigliosa dello Spirito del Dio vivo» (FF 1022). L’opera dello Spirito – in Francesco come in ognuno che viva il Vangelo – è, infatti, tesa a trasformare ogni tratto dell’umanità liberandola da illusioni, in modo che ognuno trovi la sua autentica voce per dire a Dio “Padre”, e con tutti “Padre nostro”.